
Come un correntista può accedere e visionare la documentazione del proprio conto corrente ed evitare il tipico ostruzionismo bancario.
Nel difficile e spesso contrastato rapporto che, almeno in Italia, esiste tra correntisti e Istituti di Credito, questi ultimi possono provare a recuperare fiducia e quote di mercato, adottando un comportamento più trasparente e aperto nei confronti della clientela, visti i privilegi normativi di cui già godono. Dovrebbero rinunciare al quel deleterio ostruzionismo bancario e lasciare ad esempio che i correntisti possano accedere ai propri atti bancari senza porre ostacoli.
In merito a questo, citiamo l’opinione di Vincenzo Imperatore, ex manager in importanti Istituti di Credito italiani, ora consulente aziendale per piccole e medie imprese in difficoltà e autore di due libri: “Io So E Ho Le Prove” del 2014 e “Io Vi Accuso” del 2015. In un suo recente articolo, Vincenzo Imperatore, in virtù della sua esperienza, affronta in modo diretto l’ostruzionismo bancario e fornisce ai titolari di un conto corrente, alcuni importanti suggerimenti, indicando anche gli strumenti normativi.
Ostruzionismo bancario: la conservazione dei documenti
Chiunque sia titolare di un conto corrente sa sicuramente quanti siano i documenti inerenti all’attività di un conto: i contratti di apertura del conto corrente, contratti di affidamento e tutte le relative variazioni, gli estratti conto, le fidejussioni, gli atti di pegno, insomma tutta quella montagna di carta che certifica tutto ciò che avviene su quel conto. Sulla base della sua esperienza, Imperatore scrive che “circa il 78% dei clienti di una banca non ritiene importante preservare e immagazzinare tali atti.” Questo, secondo Imperatore, avviene per due motivi:
1. Negligenza
Una cattiva abitudine del correntista, che non conserva (o ritiene inutile farlo aggiungiamo noi) questa documentazione.
2. Troppa fiducia
Il correntista pensa, a torto, di poter sempre e in qualsiasi momento, recuperare ogni tipo di documentazione, ritenendo che la banca sia “archivio personale che immagazzina i nostri atti, i quali possono sempre essere richiesti nel momento di bisogno”.
Se il primo è un “peccato veniale”, il secondo invece, per Imperatore, è un “peccato mortale” perché quando i clienti sono in difficoltà e hanno bisogno di una particolare documentazione, le banche esercitano quell’ostruzionismo di cui sopra.
Ostruzionismo bancario: le scuse degli istituti
Quando il correntista ha bisogno di aiuto, l’istituto di credito percepisce la difficoltà e spesso nega o rende difficile l’acquisizione dei documenti perché, scrive Imperatore “consapevole che la revisione, da parte di professionisti, potrebbe in qualche modo far uscire allo scoperto numerose irregolarità”. Una delle scuse più frequenti con la quale le banche negano l’accesso agli atti bancari è la troppa genericità della richiesta, il fatto che non si riferisca a un preciso periodo in cui è avvenuta un’operazione. Un’altra scusa frequente per negare degli atti, secondo Imperatore, è spiegare che non si trovano nell’istituto ma depositati altrove (sede centrale, archivio esterno). Questo non è vero. Scrive Imperatore: “Menzogna! Tutti i documenti sono reperibili in pochi minuti attraverso semplici interrogazioni al terminale oppure sono conservati all’interno dei partitari presenti nelle stesse filiali dove viene effettuata la richiesta”.
Ostruzionismo bancario: la legge è dalla parte del cliente
Tutti i clienti delle banche possono chiedere e ottenere informazioni “sulla quantità, qualità, finalità e logica adottata al trattamento, in relazione ai propri dati, così come previsto dagli articoli 7, 8 e 10 D.Lgs. 196/2003”. Per i dati relativi ai rapporti bancari, c’è anche la tutela dell’articolo 119 comma 4 TUB: “i clienti possono ottenere a proprie spese, entro congruo termine e comunque non oltre 90 giorni dalla richiesta, copia della documentazione relativa a una o più operazioni effettuate dalla banca”. In aggiunta a questo, c’è anche il “principio di buona fede che è clausola generale di interpretazione e di esecuzione del contratto e fonte di integrazione della regolamentazione negoziale, ai sensi degli art. 1366, 1375, 1374 c.c”.
Ostruzionismo bancario: proprie spese e congruo termine
Come specificato sopra, l’articolo 119 comma 4 TUB riporta due specifiche: proprie spese e congruo termine. Vediamo che cosa si intende.
1. Proprie spese
Secondo quanto scrive Imperatore, “pretendere da un cliente anche 10 euro per singolo estratto conto significa adottare un comportamento quantomeno ostruttivo” e invita gli interessati a negoziare il prezzo delle fotocopie o, se la banca rifiuta la contrattazione, a farsi rilasciare una ricevuta di pagamento. Questo di solito è un deterrente perché il costo potrebbe essere accumulato con altri e contribuire a superare il tasso della soglia di usura.
2. Congruo termine
Con la sentenza n.18555 del 2 Agosto 2013, la Cassazione “ha confermato che il riscontro alla richiesta dell’interessato, ai sensi dell’art. 7, della legge sulla privacy, deve essere fornito con la massima tempestività”. Aggiungendo che “il termine di 15 giorni costituisce quindi un congruo spatium deliberandi, previsto dall’art. 146 della legge sulla privacy”. Poiché la Cassazione ha anche precisato che “in caso di interpello, il titolare non può limitarsi a una mera conferma dell’esistenza dei dati, ma deve estrarli dai documenti in proprio possesso ponendoli a disposizione dell’interessato”, la Corte ritiene che “il termine di 15 giorni sia congruo anche per la consegna della documentazione bancaria”.
Ora che sapete come la legge regola queste situazioni non vi resta che rivolgervi, in caso di bisogno, a dei professionisti per farvi tutelare.
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